Perchè le catene di ristorazione italiana spesso non sono italiane?

parmesanA parte Autogrill, e in misura minore Eataly, Rossopomodoro e Fratelli la Bufala, la ristorazione veloce italiana nel mondo è straniera: Pizza Hut, Sbarro, Vapiano, La Tagliatella, Carluccio’s, Sbarro, Mezzo di Pasta, Olive Garden, Romano’s, Domino’s, Pizza Express, Carabba’s, Francesca, Villa Pizza, Uno Grill, Prezzo e mi scordo certamente qualcuno.

Come mai noi italiani non siamo capaci ad aprire e a sviluppare reti di ristoranti a servizio veloce?

Che cosa possiamo fare per invertire questa tendenza, prima che gli spazi di mercato per la ristorazione italiana si chiudano, perlomeno nei mercati più importanti?

Non siamo capaci, a parte qualche eccezione, per i seguenti motivi:

–       In Italia il peso del lavoro  nero e dell’evasione fiscale non rende conveniente creare catene rispettando le regole, i concorrenti sono dietro l’angolo e hanno costi del 30% almeno più bassi. Questo non ha consentito la creazione di una generazione d’imprenditori e manager di reti di ristorazione;

–       siamo spesso convinti che all’estero debbano mangiare come noi, replichiamo le nostre ricette senza creare un’offerta personalizzata al Paese in cui ci troviamo, senza perdere d’identità;

–       non è facile né economico esportare ingredienti italiani, siamo troppo cari e dopo qualche mese di apertura in gran spolvero abbassiamo drasticamente la qualità;

–       non siamo abituati a standardizzare le procedure, di conseguenza non riusciamo a controllare gestori in franchising;

–       realizzare i nostri locali spesso costa troppo, il cash back dei nostri progetti arriva se va bene dopo tre anni dall’apertura, nei formati stranieri al massimo 18-24 mesi.

Ciò detto, la causa principale è la stessa che blocca lo sviluppo internazionale dei prodotti agroalimentari italiani: andiamo all’estero da soli. Non riusciamo a fare sistema, a mostrare le nostre varietà, a proporre il meglio di ciò che possiamo offrire.

Alcuni imprenditori s’innamorano di ciò che piace a loro o che sanno fare: i panini, la piadina, i taglieri di salume, la pasta fresca. Cominciano ad aprire il formato di pasta fresca, dopo un po’ capiscono che la gente non mangia tutti i giorni (neanche in Italia) pasta fresca, hanno il locale vuoto per molte ore durante la giornata e quindi ampliano la gamma, tipicamente con le insalate, poi non è sufficiente e aggiungono il gelato, poi non è sufficiente e passano ai panini, poi decidono di fare gli aperitivi, e lì è la fine. Perdono d’identità, il costo del prodotto esplode rispetto al business plan, si comincia a fare economie di materie prime o di personale, i clienti ricevono una qualità mediocre, abbandonano il locale, si chiude. Stessa cosa se uno parte dalla piadina, prodotto che non consente da solo numeri interessanti, dopo un po’ inserirà le insalate, poi i taglieri, poi il gelato e così via. Anche importanti produttori italiani di (giusta) fama mondiale percorrono la stessa strada; Barilla apre i ristoranti, Rana apre i ristoranti, Scotti tra poco aprirà i ristoranti: li aprono da soli, vengono percepiti come monoprodotto, al supermercato all’angolo i clienti trovano la stessa pasta o i tortellini o il riso delle stesse marche a un terzo di quanto li pagano nei ristoranti, e li consumano a casa con qualità non troppo diversa. Se poi lo chef al ristorante del produttore sbaglia cottura o il servizio non è impeccabile, anche l’immagine del brand peggiora.

La mia risposta alla seconda domanda è seguire la strada che ha aperto Eataly. Al suo interno, non importa che il caffè sia Lavazza, o che la pizza sia di Rossopomodoro, o che la pasta sia di Barilla e il riso di Scotti, è tutto Eataly, il cliente vive un’esperienza italiana, può variare i suoi consumi, frequentare il locale più volte in una settimana, in più ore della giornata. E se si aggiunge un market vero di prodotti eccellenti, si aggiunge al margine della ristorazione lo scontrino medio più alto del retail.

La morale è sempre quella, imprenditori italiani, mettiamoci insieme per aprire ristoranti emozionanti, risparmiando sui costi del management, del personale, dell’affitto, del prodotto. I migliori produttori di caffè, salumi, formaggi, vini, pasta, frutta, tutti sotto lo stesso tetto, la stessa insegna. Facciamolo, per gli altri non ci sarà partita.